Sono 137 i mercati all’ingrosso e i centri agroalimentari nel nostro Paese; un numero sei volte superiore rispetto ai competitor europei spagnoli e francesi.
La situazione italiana appare caratterizzata da una dimensione medio piccola delle strutture e da una forte frammentazione. Elementi che nel corso del tempo hanno contribuito a far scemare la rilevanza strategica.
Per recuperare competitività, la rete di Italmercati, nata proprio con l’intento di accorpare le strutture più rappresentative e lavorare guidati da una visione prospettica condivisa, ha avviato una discussione interna sulla necessità di riformare il settore aggregando le realtà esistenti per realizzare mercati moderni ed efficienti in grado di potenziare la logistica, renderla più performante e allocare le risorse su investimenti mirati e calibrati.
Negli ultimi anni, anche a seguito della pandemia, è cresciuta la percezione dell’importanza dei mercati all’ingrosso che rappresentano gli snodi di riferimento per la filiera agroalimentare e sono chiamati a svolgere funzioni di interesse pubblico sotto i profili dell’efficienza e dell’equità.
Oltre ad occuparsi della food security con la distribuzione giornaliera di prodotti, della logistica e dello stoccaggio delle merci, esercitano una funzione di borsa della spesa garantendo meccanismi equi e trasparenti sulla formazione del prezzo. Inoltre, tutelano la sicurezza, la qualità e la tracciabilità dei prodotti commercializzati e si occupano di valorizzare le produzioni locali e di stagione.
Negli ultimi anni, il crescente interesse verso la sostenibilità si è tradotto in un’attenzione maggiore verso la riduzione degli sprechi alimentari, la trasformazione e la ridistribuzione dell’invenduto.
Da alcuni mesi, anche il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Lollobrigida, dopo numerose interlocuzioni con Italmercati, in diverse occasioni pubbliche, ha ribadito l’esigenza di procedere all’individuazione dei mercati italiani considerati strategici.
Il Mercato Agroalimentare della Sardegna “oltre a rispondere ai due prerequisiti generali di base, che attengono al fatturato annuo minimo non inferiore ai 500 mila euro e alla personalità giuridica del centro agroalimentare, che deve essere pubblica o privata ma comunque distinta dall’ente locale – evidenzia Giorgio Licheri direttore della Coagri Sardegna, l’ente gestore – soddisfa tutti e sei i criteri stilati da Italmercati. In particolare, la struttura deve rifornire le città metropolitane italiane e noi lo facciamo con Cagliari e Sassari. Inoltre, la zona di Sa Magangiosa di Sestu, dove è inserita la struttura di 40 mila metri quadrati, ha storicamente a una vocazione agricola ed è un punto di riferimento per il territorio del sud dell’isola e per l’intera Sardegna. Il mercato – conclude Licheri – è vicino alle due principali arterie viarie regionali; dista dall’aeroporto di Elmas soli 11 km quindi è raggiungibile in una decina di minuti, in quattordici si arriva al porto e in sedici al porto canale del capoluogo”.
Ci sono poi altri due aspetti in cui il Mercato Agroalimentare della Sardegna rientra pienamente nei criteri di strategicità.
“Ogni giorno in galleria si svolge la contrattazione delle merci e si stabilisce il prezzo. Nella nostra struttura – spiega Vincenzo Pisano, presidente della Coagri Sardegna – commercializziamo diverse categorie merceologiche. Oltre l’ortofrutta locale e tropicale di importazione, la frutta secca, il miele sardo e alcune piante e fioriture di stagione, a breve si venderanno anche salumi e formaggi sardi e alcune eccellenze nazionali”.
Inoltre, per essere definito strategico, il mercato deve occuparsi dell’educazione alimentare, della lotta agli sprechi, della valorizzazione delle eccellenze locali e nazionali, della sostenibilità sociale e ambientale. “Anche su questo aspetto siamo perfettamente in linea. Siamo stati inseriti nel piano strategico decennale della città metropolitana di Cagliari per realizzare un progetto di logistica solidale – conclude il presidente Pisano – che ci permetterà di contrastare gli sprechi alimentari prodotti dall’invenduto e di distribuire i prodotti in eccedenza ai cittadini in forte difficoltà economica dell’area metropolitana con l’aiuto delle associazioni caritatevoli con cui collaboriamo ormai da diversi anni”.